La comprensione di come gli esseri umani prendano decisioni in situazioni di incertezza o scarsità di risorse ha sempre affascinato psicologi e scienziati. Questo interesse ha portato, negli anni ’70, allo sviluppo del programma di ricerca denominato “Heuristics and Bias Program” da parte degli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky.
Il loro lavoro ha segnato una svolta fondamentale nello studio del processo decisionale umano, introducendo il concetto di bias cognitivi, definiti come una “distorsione cognitiva, determinata da pregiudizi, che è causa di previsioni sbagliate” (Treccani). Attraverso una serie di esperimenti pionieristici, Kahneman e Tversky hanno dimostrato come il nostro cervello, per semplificare il processo decisionale in una situazione di sovraccarico di informazioni e di stimoli, utilizzi scorciatoie mentali (euristiche) che, sebbene utili in molti contesti, possono portare a errori prevedibili.
I bias cognitivi sono incredibilmente numerosi – se ne stimano più di 100 – e influenzano diversi aspetti del nostro pensiero e comportamento. Comprendere queste distorsioni è fondamentale per migliorare la nostra capacità di prendere decisioni più consapevoli e razionali.
In generale, i bias possono essere suddivisi in tre categorie principali:
Bias inconsci: si attivano automaticamente, senza che ne siamo consapevoli.
Bias automatici: pur avendo una vaga consapevolezza della loro presenza, non riusciamo a riconoscerli come tali.
Bias espliciti: siamo pienamente consapevoli della loro esistenza e, talvolta, li ammettiamo o li discutiamo apertamente.
Ma è possibile difendersi da questi bias cognitivi? La risposta è controversa, poiché da un lato i bias cognitivi operano spesso a livello inconscio, rendendoci vulnerabili senza che ce ne rendiamo conto. Dall’altro, possediamo un’arma potente per contrastarli: la conoscenza. Essere consapevoli dell’esistenza di questi meccanismi e sviluppare uno spirito critico ci permette di riconoscerli quando si manifestano e, in molti casi, di limitarne l’impatto. Non possiamo eliminarli del tutto, ma possiamo imparare a gestirli con maggiore consapevolezza, rendendo il nostro pensiero più razionale e meno influenzato da distorsioni.
Sebbene i bias cognitivi più noti, come l’effetto di conferma o il bias della disponibilità, siano già ampiamente riconosciuti e discussi, è altrettanto importante comprendere quelli meno conosciuti. Questi bias, spesso più sottili e meno evidenti, possono influenzarci in situazioni quotidiane che potremmo non associare immediatamente a un errore cognitivo, come per esempio nell'ambito dei social media, dove i bias cognitivi, anche i meno noti, influenzano le nostre interazioni quotidiane sui social, come le scelte che facciamo riguardo a cosa seguire, cosa condividere o a come interpretare un post. Approfondirli ci offre strumenti preziosi per individuare e gestire questi meccanismi, aumentando la nostra consapevolezza e capacità di pensiero critico.
Alcuni esempi di bias cognitivi nei social media
Bias del punto cieco: Si riferisce alla tendenza di notare i bias cognitivi negli altri, ma non in se stessi.
Social media: Su piattaforme come Facebook o Twitter, le persone tendono a riconoscere e criticare i bias negli altri utenti, ma raramente si rendono conto di avere gli stessi errori cognitivi nelle proprie interazioni online.
Un utente critica un altro per aver ignorato informazioni contrarie alla propria opinione, senza rendersi conto che anche lui sta escludendo fonti che potrebbero confutare le sue convinzioni.
Effetto framing: Il modo in cui un'informazione viene presentata influenza il nostro giudizio e le nostre decisioni.
Social media: I post sui social sono spesso strutturati in modo da enfatizzare determinati aspetti, che possono influenzare l'opinione dell'utente.
Un articolo che presenta un prodotto come "il più venduto" invece che "il più costoso", condiziona così la percezione positiva del consumatore.
Bias di ancoraggio: Il nostro giudizio è fortemente influenzato dalla prima informazione che riceviamo, anche se irrilevante.
Social media: I primi commenti o le prime informazioni visualizzate su un post o un articolo possono influenzare il nostro punto di vista sull'argomento, anche se il contenuto successivo contraddice tale opinione.
Se un post iniziale su un tema politico include un titolo sensazionalistico, può influenzare la nostra lettura dell’intero articolo, anche se le informazioni successive sono più equilibrate.
Effetto spotlight: La tendenza a credere che gli altri prestino molta più attenzione a noi di quanto in realtà facciano.
Social media: gli utenti possono pensare che ogni loro post o commento venga scrutato con grande attenzione dagli altri, aumentando l'ansia o il desiderio di approvazione. Un utente si preoccupa eccessivamente del numero di "mi piace" o commenti su un suo post, immaginando che ogni suo movimento venga osservato con attenzione, mentre in realtà l'attenzione degli altri è molto più sparsa.
Illusione della trasparenza: Tendiamo a credere che i nostri pensieri e sentimenti siano più evidenti agli altri di quanto non siano in realtà.
Social media: I post emotivi o riflessivi possono essere fraintesi, poiché pensiamo che gli altri percepiscano chiaramente le nostre intenzioni o emozioni dietro a un messaggio. Un utente condivide un post triste o riflessivo, convinto che tutti capiranno il suo stato d’animo, mentre in realtà gli altri potrebbero interpretarlo in modo completamente diverso.
Effetto dell’aura: La nostra impressione positiva di una persona o cosa in un ambito influenza la nostra valutazione complessiva di essa in altri ambiti.
Social media: Gli influencer o le celebrità che godono di una buona fama di solito ricevono un trattamento positivo anche quando pubblicano contenuti meno rilevanti o controversi. Un influencer che promuove un prodotto potrebbe essere visto come più credibile e affidabile anche se, in realtà, il prodotto potrebbe non essere di buona qualità, solo perché il suo "carisma" e la sua immagine positiva influenzano il giudizio degli altri.
I social media sono strumenti potenti e utili, ma per usarli al meglio è fondamentale essere consapevoli dei bias cognitivi che influenzano il nostro pensiero. Solo con un approccio riflessivo e uno spirito critico possiamo navigarli responsabilmente, evitando trappole informative e sfruttando appieno il loro potenziale per la nostra crescita e conoscenza.
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